La banditessa Mariantonia Serra-Sanna: “Sa Reina” di Nuoro.


In Sardegna la caccia grossa, ovvero la caccia al cinghiale, è più un rito comunitario che uno sport. Segue regole precise e rigorose, ha un linguaggio arcaico tutto suo e, di solito, chi vi partecipa,ne diventa quasi fanatico.

Era il 1899 quando a Golfo Aranci approdarono navi cariche di uomini per dare inizio alla caccia grossa più grande della storia sarda. Solo che i cinghiali erano i banditi e i cacciatori i soldati mandati dal governo. 

In quel periodo la Sardegna era un vero e proprio covo di banditi (solo a Nuoro se ne contavano circa 200) e il governo, sebbene non si sia mai interrogato sulle cause del fenomeno, si impegnò ad estirparlo con tutte le sue forze, un pò come fanno i dottori quando danno medicine al paziente per non sentir dolore, non riuscendo a estirpare il cancro dalla radice.

Non era facile trovare una medicina adatta a questo cancro sociale, causato proprio da chi cercava di estirparlo, tanto che le 600 persone arrestate nella famosa “Notte di San Bartolomeo”, tra il 14 e il 15 Maggio 1899, con l’accusa di favoreggiamento ai banditi, furono in gran parte rilasciate per mancanza di prove.

A Nuoro tra i banditi più temuti c’erano i fratelli Giacomo ed Elias Serra-Sanna, ed è anche a casa loro che piombarono i soldati, trovandoci il padre Giuseppe e la sorella Mariantonia Serra-Sanna. 

Mariantonia però non era una qualunque, era “Sa Reina”, la Regina di Nuoro: una donna 33enne che, passeggiando a Nuoro in costume tradizionale, robusta, sicura di sé e piena di gioielli, provocava lo stupore e lo sgomento di tutti i nuoresi. Era stata lei a far sì che la sua famiglia di pastori modesti, diventasse abbiente, ricattando le famiglie più ricche del paese per far sì che queste cedessero proprietà, denaro, armi e munizioni.

Era lei che, profondamente legata ai suoi fratelli, usava ripetere  “Frades meos non sun latitantes, senatores sun frades meos” – i miei fratelli non sono dei latitanti, sono dei senatori. Era lei che, a quanto pare, era la mente dei loro omicidi, dei loro furti e delle loro vendette e che, vestita da uomo e armata di fucile a cavallo, si recava dai suoi fratelli nascosti nel Supramonte, percorrendo chilometri e chilometri per portar loro notizie, cibo e armi.

Come spesso accade alle donne, aveva un modo più sottile e astuto di esercitare il suo potere: a differenza dei suoi fratelli, conduceva una vita apparentemente normale, ma manipolava i fatti con astuzia e i suoi occhi neri, le sue sopracciglia folte, la sua pelle pallida e la sua altezza non troppo tipica del luogo, mascheravano un carattere spietato e diabolico.

Ma i fratelli furono uccisi dalle forze dell’ordine nel Luglio del 1899 a Morgogliai, una campagna a circa 30 km da Orgosolo. 

Lei fu arrestata nel 1900 e rimase per 18 anni in un carcere chiamato “Sa Rutunda”, un carcere di Nuoro di cui ora rimangono solo racconti e leggende, che è anche tutto ciò che ci rimane della Regina Mariantonia.

Uscita dal carcere a circa 50 anni di età, si sposò con un uomo orgolese ed ebbero una vita apparentemente tranquilla a Nuoro. 

Di lei si persero le tracce, ma non mi è difficile immaginare che quell’apparente tranquillità celava un sentimento represso di vendetta, che la Regina si portò fino alla tomba con un orgoglio omertoso.

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