La rivolta di Pratobello, grande lezione di lotta intelligente e solidale.

Aprile 1969: siamo a Orgosolo e gira la voce che la località di Pratobello, utilizzata dai pastori per far pascolare le loro greggi nei mesi estivi, dovrà essere sgomberata per far spazio ad un poligono di tiro.

Solo alla fine del mese seguente, la notizia viene confermata perché in tutto il paese compaiono dei grandi manifesti. Avvisano i pastori: devono sgomberare Pratobello. Lo Stato ha deciso che quel pascolo comunale diventerà un poligono di tiro, dove si addestrerà l’Esercito.  La comprensibile sfiducia dei sardi nei confronti delle istituzioni statali esplode.

Non molto scaltro, convinto di raggirare gli interessi del popolo di Orgosolo, lo stato promette un risarcimento di 30 lire al giorno per ogni pecora e, inoltre, racconta che l’esercitazione sarebbe durata solo due mesi. Peccato che con trenta lire non ci fai niente, visto che solo il mangime costa 75 lire al chilo, e peccato che le persone intuiscono che i due mesi sarebbero diventati molti di più.

Infatti gli orgolesi non se la bevono per niente e iniziano a organizzare assemblee e manifestazioni pacifiche di “avvertimento”: così, tanto per far capire allo Stato italiano che è da maleducati ricordarsi dei sardi solo quando c’è da approfittare della loro terra, come succedeva ai tempi dei Romani. 

Si cerca così di raggiungere un accordo sindacale, senza nessun risultato. Quando si cerca di mediare con lo stato per vie diplomatiche, gli orgolesi rispondono che “il terreno di lotta dei pastori non è il parlamento”, spiegando in parole povere che la lotta per difendere i terreni sardi, viene svolta nei terreni sardi e non a Roma. 

Tradendo (come sempre) la famosa frase ipocrita secondo cui “lo Stato agisce nell’interesse del cittadino”, gli interessi degli orgolesi non vengono ascoltati per niente, infatti, il 19 Aprile di quell’anno, primo giorno previsto per le esercitazioni, i militari si recano verso la località di Pratobello, ma le esercitazioni non le inizieranno mai: una schiera di tremila persone, tra uomini, donne, bambini, si oppone in un interminabile fila di resistenza. Ci sono proprio tutti, non solo i pastori che sono i diretti interessati, ma anche studenti, operai, uomini e donne,  anzianissimi e anzianissime: Dionigi Deledda scrive nel suo libro dedicato a questa rivolta che, un ex latitante di quasi cento anni, Tziu Battista Corraine detto “Zoeddu”, alla richiesta dei militari di farsi da parte rispose: “Io ho quasi cento anni e se mi fate del male non so se voi camperete cento anni come me”.1 

Gli orgolesi trovano, anche nei giorni seguenti, la strada sbarrata dalle forze armate, ma non si arrendono, alcuni scendono dai propri mezzi e si recano a piedi, altri addirittura spostano a mano le camionette dei militari. Gli orgolesi occupano la zona, e le forze speciali dell’esercito schierano circa quattromila uomini. Seguono moltissimi arresti per resistenza a pubblico ufficiale. Ma la gente non cede: la lotta continua per quasi una settimana e persino Emilio Lussu invia un messaggio solidale alla popolazione di Orgosolo, definendo il comportamento dello stato come colonialista, e dicendo che, se le sue condizioni di salute glielo avessero permesso, avrebbe naturalmente partecipato alla lotta in prima persona.

Alla fine, la fermezza del popolo vince: lo stato conferma che il poligono di tiro verrà rimosso entro la metà di agosto, e che qualsiasi proposta simile in futuro sarà discussa con l’amministrazione locale, nell’interesse della popolazione del posto. 

E una lotta de populu gai,

naraìan sos bezzos pili canos,

chi in bida insoro non l’han bida mai.

Tottus sos progressistas isolanos

Solidales, cun tanta simpattia

A Orgosolo toccheddana sas manos

E naran: custa sì ch’est balentìa.2

Conclude così il poeta Peppino Marotto la sua poesia dedicata a questa vittoria.

Oggi Pratobello è vuota, dimenticata, immersa in un silenzio severo che sembra osservare, immobile, tutte quelle terre della Sardegna cedute alla NATO per poligoni di tiro e altro ancora. Insieme al suo silenzio tacciono la resistenza, l’orgoglio e la solidarietà.

  1. Deledda, Orgosolo, Lotta di Pratobello 1969 ↩︎
  2. Peppino Marotto, poesia “Sa Lotta de Pratobello” ↩︎

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