Chi tingeva di rosso l’orbace dei nuragici ?

In tempi remoti, circa 2600 anni fa, nelle coste sarde, sorsero numerose città-stato, di cui oggi rimangono solo i resti fenici e romani. Oltre a Tharros, Karalis, Nora, Bithia, che sono le più note, ce n’erano molte altre.

Lo storico Carta Raspi, in contrasto con le supposizioni fatte da altri storici, sostiene che queste città furono fondate dalla popolazione Shardana, la quale era diversa da quella nuragica. Quest’ultima avrebbe vissuto prevalentemente nella Sardegna dell’interno e pare fosse già presente nell’isola, nel momento in cui gli Shardana vi approdarono.

Ma queste due popolazioni pare collaborassero in qualche modo. Infatti, se i nuragici, tra le altre cose, producevano l’orbace, tessuto ancora tipico del costume sardo, questo veniva probabilmente tinto di rosso grazie alla produzione di porpora da parte di una di queste città-stato: Cornus.

Gli abitanti di Cornus (oggi territorio del comune di Cuglieri, in provincia di Oristano) producevano un color porpora più o meno vivace, che veniva ricavato da dei molluschi particolari, chiamati con la stessa radice con la quale oggi in sardo chiamiamo le chiocciole e le lumache: Korra (a Lodè si chiama ancora oggi coccorra, da cocco “oggetto tondo” incrociato con corra “corna”, dal lat. cornua.)

Infatti, in quella zona c’è ancora un posto chiamato Campu ‘e Corra, posto famoso anche perchè, molto tempo dopo, Sardi e Romani si presero a mazzate. Solo che i Sardi fecero più da bersagli che da avversari, ma questa è un’altra storia. 

Ciò che in sardo chiamiamo ancora oggi corra è anche riferito alla buccina, che era uno strumento musicale antico spesso fatto appunto con conchiglie marine. Curiosamente, molti pastori in Sardegna, fino a poco tempo fa, usavano ancora la buccina o il corno come segnale per comunicare fra loro.

Su Campu ‘e corra era, probabilmente, chiamato così perché era il punto in cui i molluschi, da cui si ricavava il rosso porpora, dopo che la loro conchiglia veniva spezzata, venivano gettati in dei recipienti e lasciati marcire. La carne di questi molluschi in putrefazione, secerneva un liquido giallastro che poteva tramutarsi in rosa e/o viola, a seconda della sua lavorazione. Oltre a questo colore, i molluschi marciti producevano anche una puzza insopportabile e agliacea, motivo per il quale, su Campu ‘e Corra era abbastanza distante dalla città stessa di Cornus.

Alcune fonti ci dicono che la tintura di porpora veniva esportata dalla Sardegna, in quanto era molto ricercata nel mondo antico per vestiti e tessuti. 

Ma anche all’interno della stessa Sardegna si aveva bisogno di un po’ di colori vivaci: a quanto pare, i Sardi Pelliti, i Nuragici chiamati così dai Romani perché vestivano di pelli animali, erano quelli ai quali la città di Cornus tingeva i loro vestiti di orbace nelle varie gradazioni rosse. La porpora estratta dai molluschi era un colore difficile da ottenere e non così vivace come quello che conosciamo oggi. Infatti, inizialmente, il rosso non era così intenso e brillante come quello che sarebbe diventato con l’evoluzione delle tecniche di produzione della tintura. Ma, nel corso del tempo, si è vivacizzato moltissimo, diventando poi uno dei colori più caratteristici del costume sardo che conosciamo oggi.

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