Esiste un borgo in Calabria che è quasi disabitato: si chiama Pentedattilo, il nome deriva dal greco e significa 5 dita, perché la roccia su cui sorge ricorda la forma di una mano.

In questo luogo, alla fine del Seicento, un barone accecato dall’odio dopo essere stato abbandonato dalla donna a lui promessa, innamorata di un suo rivale, ne massacrò la famiglia nel loro castello.
Da allora si racconta una leggenda che in un posto così non poteva mancare: il vento che soffia tra le rocce di Pentedattilo sembra portare ancora le loro grida, e la rupe, con la forma di una mano gigantesca, sarebbe il segno delle dita insanguinate del barone e delle sue vittime.
Ci vivevano molte più persone prima del 1783, quando un terremoto devastò la zona. Ma solo negli anni sessanta del Novecento le autorità raccontarono agli abitanti un fatto (che poi si rivelò una menzogna) e che li spinse ad abbandonare il borgo definitivamente, perché secondo loro era a rischio di crollo. Ma l’allarme si rivelò falso, infatti mentre le persone sono andate via, la roccia è ancora lì, immobile.
Oggi questo posto ha più dita che persone: solo tre abitanti vivono stabili sotto quella mano di pietra, che un tempo si pensava fosse pericolosa.
Nella memoria locale questa vicenda è rimasta impressa come la storia di una paura amplificata, che spinse via la gente tanto quanto fame ed emigrazione.
A guardarlo dal basso sembra parlare di tutti noi: della pietra, verità testarda che rimane impassibile, e dell’uomo, le cui case in rovina crollano mangiucchiate dal tempo e dalla paura.
Ad addentrarsi invece, si entra nel vivo dell’angoscia e della nostalgia: case che crollano, finestre aperte per sempre da cui chissà quali occhi hanno guardato quel panorama meraviglioso. Pareti mute che hanno ascoltato chissà quali racconti, litigi, storie.

Questa storia mi ha fatto pensare a quante volte viviamo seguendo paure che ci sono state iniettate dagli altri.
C’è chi resta in lavori che non ama, perché gli hanno detto che cambiare è troppo rischioso.
C’è chi rinuncia a un amore o a un sogno, perché qualcuno gli ha insegnato che è più sicuro non provarci.
E c’è chi, convivendo con una malattia, smette di fare progetti, perché il mondo gli ricorda continuamente di “stare attento”.
Come gli abitanti di Pentedattilo, lasciamo ciò che è meraviglioso per paura che crolli, quando in realtà non crolla mai.
Non è un caso se parlare di paesi fantasma attira l’attenzione, non è un caso se questi luoghi ci trasmettono malinconia e curiosità: raccontano la nostra storia, ci si rivede in quelle case crollate che sembrano gridare quello che poteva essere, ma non è più.
La storia di Pentedattilo ne è un simbolo: si abbandona un posto meraviglioso per timore che crolli.. e invece non crolla mai.