Pillole che ti curano, cibo che ti ammala: il paradosso dei pasti in ospedale.

Qualunque osservatore poco attento che abbia frequentato un ospedale per un po’ di tempo e che sappia cosa significhi alimentarsi decentemente, avrà notato un virus che si aggira nei suoi reparti: è il paradosso delle sue cucine, che sfornano pasti che fanno ammalare chi entra per essere curato.

Sono arrivata qui lunedì per una terapia di cinque giorni e quello che ho mangiato, riassumendo, è stato: affettati, pappette vegane industriali, pane bianco confezionato, pochissime proteine, salse pronte, verdura e frutta zuccherate. Di alimenti freschi, nutrienti e bilanciati, neanche l’ombra.

Posto che tutta quella robaccia industrializzata va poi a interagire con le cellule del nostro corpo, si può curare un corpo malato con un’alimentazione che lo avvelena?

Sono arrivata alla conclusione che la medicina cura i sintomi e non le cause, che sul tema nutrizione c’è troppa disinformazione e che i nutrizionisti dicono tutto e il contrario di tutto (pare che, essendo anche loro pedine del sistema, siano in buona fede, ma chi decide le famigerate “linee guida” sicuramente non lo è).

Fatto sta che ci sono studi che dimostrano che fino all’80% delle malattie potrebbero essere prevenute attraverso l’alimentazione ma, nonostante io frequenti dottori da decenni perchè ho una malattia inguaribile, nessuno di questi mi ha mai introdotto al tema in modo serio per spiegarmi cosa significhi nel concreto cibo salutare, o per spiegarmi cosa significhi educazione alimentare. Al massimo mi sono sentita dire: Ma siii! mangi-un-pò-di-tutto-e-beva-molta-acqua! oppure mangi-molta-verdura-e-faccia-le-scale-al-posto-di-prendere-l’ascensore.

Quando mi sono accorta che le molecole degli alimenti sbagliati che mangiavo stavano evidentemente alimentando i meccanismi responsabili del mio malessere, ho provato a mettere in pratica i sopracitati consigli, accorgendomi però che, nella realtà, non avevano senso. Infatti, se mangiassi davvero un po’ di tutto, diventerei un tacchino. Primo, perché l’essere umano primitivo si è evoluto per mangiare a sazietà nei rari momenti di abbondanza; secondo, perché il “tutto” che abbiamo oggi a disposizione è cibo iperprocessato, quindi, dannoso per definizione.


Allora ho deciso di mettermi a leggere libri, articoli,  per capire meglio da sola, e ciò che ho trovato è stato il caos più totale: La carne è veleno? i carboidrati sono il diavolo? il latte fa male? Olio di palma? farina di grilli? latte di soia? Miele che fa bene al sistema immunitario ma è zucchero e lo zucchero fa male? 

Prendere alla lettere ogni consiglio di tutti quelli che con il camice bianco addosso si fanno chiamare nutrizionisti, significherebbe nutrirsi di acqua e cubetti di ghiaccio a vita. Quello che ho fatto, invece di delegare la mia salute a persone più confuse di me, è stato usare la logica: andare al supermercato e comprare solo ciò che un uomo primitivo riconoscerebbe come vero cibo: carne, uova, verdure, formaggi non processati e un po’ di frutta


Ci ho messo una quindicina d’anni a capire questo concetto molto basilare, ma il salto è stato enorme: energie raddoppiate, buon umore, dolori fisici dimezzati, perdita di peso e tutto ciò che ne consegue. 

Perché tutta questa noiosissima storia personale? Perchè seduta qui in un letto di ospedale, mi ritrovo nello stesso posto in cui mi è stata diagnosticata la malattia 6 anni fa, a mangiare tutto ciò che in realtà dovrei evitare per far si che la mia malattia non si auto-alimenti: cereali e derivati, salsiccie e prosciutti, formaggi industriali, frutta imbevuta nello sciroppo zuccherato e tante altre buone cose che costano poco.

Bene, come sempre, anche qui si tratta di soldi e di logica di mercato.

Infatti curare un malato è redditizio. Renderlo sano no.

Il circolo vizioso è molto chiaro: Cibo spazzatura → malattie croniche → farmaci per tutta la vita. 

Che è esattamente ciò che è successo a me: infatti, dovendo prendere farmaci a vita per evitare di crepare, sono una piccola finanziatrice di una delle più potenti industrie esistenti al mondo: quella farmaceutica. 

La consapevolezza è sempre un atto di ribellione e autodifesa: anche in ambito alimentare.

Ma, come al solito, spesso chi ti vende la cura, è anche colui che ti ha reso malato.

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